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DONNE, LAVORO E MATERNITA' , QUANDO LA MATERNITA' DIVENTA UN LUSSO


Le fasi di vita delle donne nell’età compresa tra i 25 e 35 anni, sono caratterizzate dagli studi universitari, dall’ingresso nel mercato del lavoro e dalla maternità, che purtroppo per molte donne diventa un lusso, confermato dai dati ISTAT e ISFOL del 2009 che rilevano un tasso di abbandono del lavoro del 27%, in seguito alla nascita del primo figlio.
La partecipazione femminile al mercato del lavoro subisce una contrazione, per l’incidenza di fattori demografici e territoriali, senza dimenticare i fattori economici-congiunturali e la difficoltà di conciliare famiglia e lavoro. Per tutte queste motivazioni, le donne che risultano occupate all’inizio della gravidanza, non lo sono più al rientro. La situazione si complica quando il part-time o il full-time vengono usati in modo molto personale dal datore di lavoro; il contratto collettivo nazionale attribuisce al prestatore un diritto alla riduzione dell’orario di lavoro di cui sono firmatarie organizzazioni sindacali e datoriali, puntualmente disatteso, perde di vista l’effettivo esercizio congiunto dei diritti, che trovano il fondamento in valori costituzionali:dal diritto al lavoro al diritto alla famiglia, per entrambi i sessi.
Da una ricerca del Ministero del Lavoro è emersa una pratica discriminatoria operata dalle aziende, che fanno firmare alle dipendenti lettere di dimissioni in bianco da usare nel caso in cui contraggono matrimonio, nel caso di gravidanza o per i congedi dovuti per malattie del figlio oltre il congedo di maternità, negando la flessibilità dello stesso rapporto di lavoro.
Le norme in vigore, prevedono che le donne possono astenersi dal lavoro: due mesi prima e tre mesi dopo, o un mese prima e quattro dopo solo in caso che la salute della gestante e del nascituro non siano a rischio.
La flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro sono un’istanza sociale per la parificazione dei sessi; la legge prevede il congedo di paternità (d.lgs151,art 28), riservando delle quote di astensione anche agli uomini, che dovrebbero essere obbligatorie, dato che nessuno osa pensare di usufruirne per paura del licenziamento.
Al rientro le donne saranno ostacolate da chi le ha sostituite, anche se l’art. 56 del Testo Unico tutela il diritto al rientro e alla conservazione del posto ove erano occupate all’inizio del periodo di gravidanza. Le neomamme che vorranno rientrare nel mercato del lavoro saranno soggette a cattivi lavori, saltuari o stagionali, e costrette al “lavoro sommerso”, fenomeno molto legato al sistema economico meridionale, un modello di illegalità , che i datori di lavoro usano con la scusa della complessità della realtà economica locale.
L’irregolarità non deve essere usata come alibi e le donne non devono accettarla per la carenza di offerte di lavoro. Sarebbe interessante esaminare i rari contratti di assunzione delle donne siciliane, e se vengono rispettate le disposizioni normative in materia di congedi per la maternità. Ci riferiamo al divieto di discriminazione, fondata sul sesso, o in riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza; alla flessibilità del congedo di maternità, e la fruizione del part-time temporaneo post maternità. Sino ad oggi a questi due istituti è stato riconosciuto un limite, a causa di responsabilità datoriali e per la mancanza di negoziazioni delle parti sociali, ed inoltre sarebbe auspicabile l’estensione del diritto, alle libere professioniste e alle lavoratrice precarie, che non hanno potere contrattuale soprattutto nel settore privato.
Queste sono le ragioni per cui le donne risultano disoccupate dopo la maternità, ma esistono le ragioni per le quali bisogna incentivare l’ occupazione femminile: perché cresce il P.I.L (si stima che potrebbe raggiungere il 17%) e il reddito pro-capite, si sviluppano servizi di cura per le famiglie e soprattutto in vista della riduzione numerica della popolazione bisogna valorizzare la presenza femminile nel mercato del lavoro.


Area di Straff

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