Le pari opportunità di carriera per uomini e donne non sono principi che ammettono deroghe o eccezioni. Sono parole impegnative, ardite, che con una buona dose di credibilità possono far credere che esiste un percorso virtuoso per raggiungere la parificazione fra i sessi.
Nelle moderne società occidentali il principio di eguaglianza viene assunto quale principio costitutivo e ordinatore dei sistemi giuridici, politici e sindacali.
Possiamo intendere come pari opportunità un parametro che rileva quali sono i fattori di rischio che permettono le disparità uomo-donna nel mondo del lavoro; un modello culturale, sociale, da combattere con gli strumenti normativi e d’informazione necessari.
L’Assessore Regionale per la Salute Massimo Russo (nella foto), con un decreto assessoriale che vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta, richiama i principi delle pari opportunità nelle aziende sanitarie, obbligate ad osservare tutte le norme nazionali e comunitarie.
L’Assessore Russo – dichiara – “che è un importante sollecitazione culturale, affinché vengano osservate le norme esistenti e si proceda all’effettiva rimozione di tutti gli eventuali ostacoli, all’effettiva parità di opportunità tra i dipendenti del Servizio Sanitario, come del resto è previsto dalla Costituzione Italiana”.
Le linee di indirizzo del decreto ampliano il loro raggio di azione verso una concreta parità di trattamento nei confronti delle persone con disabilità e tra i lavoratori indipendentemente dalla razza, dalla religione e dall’origine etnica.
Nella consapevolezza che si deve combattere un fattore socio-culturale, è necessario diffondere postulati informativi sulla cultura di genere, e sulle discriminazioni dirette e indirette, perché dietro a tutti i meccanismi di tutela vi è una consapevolezza ridotta dei propri diritti, che inevitabilmente limita la conoscenza dell’impianto giuridico svuotandolo della sua valenza.
Tra le responsabilità sindacali dell’UGL vi è quella di formare i soggetti titolari di diritti, contro i trattamenti sfavorevoli o pregiudizievoli fondati sul sesso, sulla religione ed etnia.
Si tratta di fornire gli strumenti cognitivi in riferimento al rapporto strutturalmente simmetrico tra prestazione lavorativa e parità di trattamento.
Il concetto giuridico determina due tipologie di discriminazione: la discriminazione diretta “copre” quel trattamento “meno favorevole” cui viene sottoposta una persona rispetto a quello riservato ad un'altra persona in una situazione analoga, a causa di una propria peculiare condizione naturale o sociale ( genere, etnia etc. etc.), è facilmente riconoscibile attraverso dei comportamenti vessatori per il solo fatto di possedere una determinata caratteristica personale e consente di sanzionare comportamenti esplicitamente tesi a discriminare il soggetto.
Mentre si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata condizione (sesso, etnia, etc. etc.) in una posizione di particolare svantaggio rispetto a persone che non abbiano la medesima condizione, permette di agire anche verso comportamenti che pur non facendo riferimento allo specifico fattore di rischio rilevante, oggettivamente producono un trattamento differenziale, per la sua complessità lascia spazio a margini di discrezionalità, ad errori di rilevazione o di individuazione del gruppo con il quale attuare la comparazione.
Rimuovere le ingiustizie sociali nel mondo del lavoro, significa entrare in una prospettiva di civiltà in cui lo sviluppo delle persone e il raggiungimento della dignità dei lavoratori non dovranno essere più delle sfide, ma diritti riconosciuti e acquisiti in quanto tali.
Nelle moderne società occidentali il principio di eguaglianza viene assunto quale principio costitutivo e ordinatore dei sistemi giuridici, politici e sindacali.
Possiamo intendere come pari opportunità un parametro che rileva quali sono i fattori di rischio che permettono le disparità uomo-donna nel mondo del lavoro; un modello culturale, sociale, da combattere con gli strumenti normativi e d’informazione necessari.
L’Assessore Regionale per la Salute Massimo Russo (nella foto), con un decreto assessoriale che vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta, richiama i principi delle pari opportunità nelle aziende sanitarie, obbligate ad osservare tutte le norme nazionali e comunitarie.
L’Assessore Russo – dichiara – “che è un importante sollecitazione culturale, affinché vengano osservate le norme esistenti e si proceda all’effettiva rimozione di tutti gli eventuali ostacoli, all’effettiva parità di opportunità tra i dipendenti del Servizio Sanitario, come del resto è previsto dalla Costituzione Italiana”.
Le linee di indirizzo del decreto ampliano il loro raggio di azione verso una concreta parità di trattamento nei confronti delle persone con disabilità e tra i lavoratori indipendentemente dalla razza, dalla religione e dall’origine etnica.
Nella consapevolezza che si deve combattere un fattore socio-culturale, è necessario diffondere postulati informativi sulla cultura di genere, e sulle discriminazioni dirette e indirette, perché dietro a tutti i meccanismi di tutela vi è una consapevolezza ridotta dei propri diritti, che inevitabilmente limita la conoscenza dell’impianto giuridico svuotandolo della sua valenza.
Tra le responsabilità sindacali dell’UGL vi è quella di formare i soggetti titolari di diritti, contro i trattamenti sfavorevoli o pregiudizievoli fondati sul sesso, sulla religione ed etnia.
Si tratta di fornire gli strumenti cognitivi in riferimento al rapporto strutturalmente simmetrico tra prestazione lavorativa e parità di trattamento.
Il concetto giuridico determina due tipologie di discriminazione: la discriminazione diretta “copre” quel trattamento “meno favorevole” cui viene sottoposta una persona rispetto a quello riservato ad un'altra persona in una situazione analoga, a causa di una propria peculiare condizione naturale o sociale ( genere, etnia etc. etc.), è facilmente riconoscibile attraverso dei comportamenti vessatori per il solo fatto di possedere una determinata caratteristica personale e consente di sanzionare comportamenti esplicitamente tesi a discriminare il soggetto.
Mentre si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata condizione (sesso, etnia, etc. etc.) in una posizione di particolare svantaggio rispetto a persone che non abbiano la medesima condizione, permette di agire anche verso comportamenti che pur non facendo riferimento allo specifico fattore di rischio rilevante, oggettivamente producono un trattamento differenziale, per la sua complessità lascia spazio a margini di discrezionalità, ad errori di rilevazione o di individuazione del gruppo con il quale attuare la comparazione.
Rimuovere le ingiustizie sociali nel mondo del lavoro, significa entrare in una prospettiva di civiltà in cui lo sviluppo delle persone e il raggiungimento della dignità dei lavoratori non dovranno essere più delle sfide, ma diritti riconosciuti e acquisiti in quanto tali.
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