Sui quotidiani on line della Sicilia rimbalza la notizia del disegno di legge sui precari
approvato dalla Giunta di Rosario Crocetta. A parte l’impatto mediatico, tra
gli addetti ai lavori prevaleva una considerazione logica: come può il Parlamento
dell’Isola approvare una legge che prevede una spesa di oltre 300 milioni
di euro all’anno senza prima avere approvato il Bilancio 2014?
Qualcuno ha obiettato che, di certo, Sala d’Ercole, prima di approvare la legge
sul rinnovo dei contratti dei precari e – addirittura! – sulla loro
stabilizzazione, approverebbe Bilancio e Finanziaria.
A nostro modesto avviso, la chiave
di lettura di tutto quello che è avvenuto ieri sera è un po’ diversa. Apparentemente – ma solo apparentemente – il
disegno di legge del Governo di Rosario Crocetta sulla proroga dei contratti ai
precari e sulla loro stabilizzazione, senza il Bilancio di previsione 2014, è
una follia. Invece è un atto
estremamente razionale. Con alle spalle un disegno politico preciso che adesso
cercheremo di illustrare.
La prima necessità del Governo regionale è quella di scaricare su Roma la
questione precari della Sicilia. L’esecutivo siciliano di Crocetta, qualche
settimana addietro, ha detto di aver trovato, tra le pieghe del Bilancio 2014,
oltre 300 milioni di euro per prorogare il contratto dei 24 mila precari degli
enti locali (che, forse, potrebbero anche essere di più). L’ha detto, ma non ha
mai reso pubblica questa ‘scoperta’, perché l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, fino ad oggi, non ha mai presentato la ‘bozza’ con
il progetto di Bilancio e Finanziaria 2014 (adesso si chiama legge di
stabilità).
Ieri, invece di presentare la ‘bozza’ di Bilancio con i 300 milioni di euro
‘trovati’, la Giunta Crocetta ha presentato il disegno di legge per la proroga
e la stabilizzazione dei precari. La
mossa è chiarissima: il Governo regionale passa la ‘palla’ al Governo
nazionale. Se l’Ars, nei prossimi giorni, dovesse approvare il disegno di legge
sui precari, a parola passerebbe al Commissario dello Stato, ufficio che
dipende dal Governo nazionale e, segnatamente, dal ministero degli
Interni.
A questo punto se il Commissario dello Stato non dovesse impugnare una legge
sostanzialmente priva di copertura finanziaria (in assenza del Bilancio
regionale 2014 dove prendere i 300 milioni di euro?), i soldi per rinnovare il
contratto a questi precari dovrebbe per forza di cose tirarli fuori lo Stato.
Se, viceversa – eventualità più probabile – il Commissario dello Stato dovesse
impugnare la legge, la ‘colpa’ sarebbe dello Stato (e, segnatamente, del
ministro degli Interni Angelino Alfano che, ‘casualmente’, non è del PD) e la
politica siciliana proverebbe, almeno, a salvare la faccia con i precari.
I sindacati, ieri sera, hanno capito
il gioco: non a caso Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno detto di apprezzare la volontà
del Governo di risolvere la questione, ma prima di esprimere un giudizio
positivo compiuto vogliono veder come va a finire.
Siamo arrivati alla domanda delle domande: come andrà a finire? A nostro vviso,
male. Perché, sempre a nostro modesto avviso, il ‘ritrovamento’, da parte del
Governo, di 300 e passa milioni di euro per pagare il rinnovo dei contrari ai
24 mila precari degli enti locali è solo un bluff.
I conti della Regione fanno acqua da tutte le parti. La situazione, per il
2014, è drammatica. La Regione, quest’anno, ha ‘spalmato’ un ‘buco’ di un
miliardo di euro sui conti degli anni futuri, appesantendo l’indebitamento
finanziario. E ha subito un ulteriore taglio secco di 914 milioni di euro dal
Governo nazionale. Non solo. Si accinge a subire un ulteriore taglio di 800
milioni di euro, sempre da Roma.
Già in queste condizioni, il prossimo anno, salterà un ‘pezzo’ consistente di
spesa corrente. Prendere 300 milioni dal Bilancio 2014 per pagare il rinnovo
dei contratti ai precari degli enti locali significherebbe tagliare 300 milioni
dalla spesa corrente, ovvero togliere il lavoro ad altri soggetti. Perché in Sicilia, piaccia o no, il 90 per cento di spesa
corrente è fatta per lo più di stipendi.
Tuttavia la politica siciliana – e segnatamente il PD, l’Udc e le varie
‘frattaglie’ governative – scontano un problema molto serio: non perdere il
contatto con gli 80 mila precari siciliani. Perché, come questo giornale scrive
spesso, a rischio non sono solo i 24 mila precari degli enti locali (che forse,
lo ribadiamo, potrebbero essere ancora di più, perché nessuna ha contezza di
quello che hanno combinato i Sindaci con il precariato: basti pensare ai 13
mila precari degli Ato rifiuti creati negli ultimi anni proprio dai Sindaci),
ma tutti i precari.
Gli 80 mila precari (e forse più di 80 mila), in termini elettorali,
considerate le rispettive famiglie e le ‘attese escatologiche’ che creano nel
territorio, valgono 320-340 mila voti. Consenso che premia chi governa e chi
deve andare a governare. Ma il ‘premio’ (cioè i voti) c’è se ci sono i
contratti per i precari. Se dovessero andare a mare i contratti…
La verità è che, soprattutto dal 2006 in poi, le elezioni, in Sicilia, sono
state contrassegnate dalla presenza di questa enorme massa di precariato che,
solo nella competizione per il rinnovo di Sala d’Ercole, condiziona l’elezione
d oltre 40 parlamentari. Questo spiega la paura della politica tradizionale
siciliana – e segnatamente di PD e Udc e altri gruppi governativi -: se il
Movimento 5 Stelle, nella nostra Isola, con il precariato schierato con i
vecchi Partiti, è diventato comunque, anche se di poco, la prima forza
politica, che succederà alla vecchia politica siciliana privata del precariato?
Gli 80 mila precari, le loro famiglie e il clima di attesa che sempre si crea
attorno al tema del precariato al momento del voto (le promesse dei politici di
creare nuovo precariato) hanno spinto gli elettori siciliani verso le urne. Ma
se a gennaio – cosa non improbabile per mancanza di soldi – PD, Udc e
formazioni politiche governative dovessero perdere il rapporto con il
precariato, gli effetti, per queste formazioni politiche potrebbero essere
dirompenti.
Intanto, alle imminenti elezioni europee, questi precari, sentendosi traditi da
PD, Udc e formazioni politiche governative, potrebbero decidere di non recarsi
alle urne, avvantaggiando, di fatto, i Partiti di opposizione. Ma molti di questi
potrebbero decidere di votare gli schieramenti politici alternativi (per
esempio i grillini) o altre formazioni politiche (per esempio i Forconi se
riusciranno ad organizzarsi canalizzando la protesta su binari e proposte
politiche solide).
A rischiare di più sono PD, Udc e formazioni governative. Che verrebbero
penalizzate (è probabile che, senza i precari, il PD siciliano scenda sotto il
10 per cento: basti pensare alla Cisl, che su precariato basa parte della
propria forza elettorale).
Insomma, la fine del precariato potrebbe finalmente imprimere alla politica
siciliana una svolta.
(articolo tratto da LinkSicilia)
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