“Da sette anni è in corso in Sicilia un consistente cambiamento della
struttura sociale, in una regione che registra un continuo calo degli occupati,
la contrazione dei redditi delle famiglie con conseguente riduzione e
modificazione della spesa per consumi. E quel che è peggio, la politica
regionale è stata distratta e poco incisiva nel contrastare con politiche di
welfare efficaci il generale impoverimento della società siciliana”. Così
Giuseppe Messina, Reggente di Ugl Sicilia, commentando il rapporto Bankitalia
sull’andamento congiunturale dell’economia siciliana che fa riemergere con
prepotenza la questione meridionale che inchioda la politica nazionale alla
responsabilità per aver penalizzato pesantemente il Sud, con la Sicilia che
paga il prezzo più alto. Mentre nel resto d’Italia ci sono segnali di ripresa,
la Sicilia rimane impantanata nella crisi.
“Il fallimento delle politiche nazionali e regionali a sostegno della
famiglia e della fascia più povera della popolazione siciliana – continua
Messina - è rappresentato in tutta la sua drammaticità nei dati pubblicati dal
rapporto semestrale su ‘L’economia in Sicilia’ di Bankitalia. Cresce la
disuguaglianza, la povertà e l’esclusione sociale – aggiunge - perché negli
ultimi sette anni la crisi ha colpito in Sicilia soprattutto le famiglie in
condizioni di maggiore indigenza che non sono state, di certo, al centro delle
politiche dei governi regionali che si sono succeduti dal 2008 ad oggi”.
“Chi ha mostrato inadeguatezza – rilancia il Reggente di Ugl Sicilia - si
ponga fuori con un atto di coraggio e lasci decidere ai siciliani la scelta di
coloro che con determinazione dovranno cambiare rotta e mettere in campo tutti
gli strumenti e le risorse finanziarie per invertire la dinamica dei redditi
che spinge l’Isola all’ultimo posto tra le regioni più povere della Penisola.
Il 41 per cento delle famiglie siciliane è povera, dato raddoppiato rispetto al
contesto nazionale che si attesta al 19 per cento. E mentre aumenta l’indice di
disuguaglianza, cresce la concentrazione nella distribuzione del reddito”.
“Responsabilità di chi governa – incalza Messina - testimoniata dal più
alto indice di Neet d’Italia che in Sicilia si attesta al 43,1 per cento
rispetto al 27,4 del territorio nazionale. Non è più tollerabile – prosegue
-che un popolo di giovani non lavori e non studi, in pratica non si sa cosa
faccia. Un capitale umano sul quale non s’investe e che rischia di impoverire
culturalmente ed economicamente la regione per i prossimi decenni. La politica
faccia un bagno d’umiltà e s’interroghi”.
“E poi, volendo sforzarsi di guardare in avanti – sostiene il sindacalista -
come si può parlare di prospettiva di crescita quando non si punta sul capitale
umano in una terra dove manca la propensione ad investire ed aumenta
l’arretratezza economica, terreno fertile per la criminalità. Il quadro non è
confortante visto che perdura la debolezza del sistema produttivo e dove anche
l’export risente fortemente della congiuntura negativa con un calo del 13,9 per
cento dei prodotti siciliani”.
“La politica deve interrogarsi sul da farsi – conclude Messina – non c’è
più tempo da perdere, occorre uscire dalla paura, cambiare atteggiamento ed
innestare fiducia per tornare a credere in un riscatto che il popolo siciliano
merita”.
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