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Sicilia. Ugl, manovra di bilancio affossa sempre più l’Isola

Editoriale di Giuseppe Messina
Reggente Ugl Sicilia

Il Presidente della Regione siciliana aveva garantito, nei giorni scorsi, l’approvazione rapida della legge di stabilità. I fatti stanno dimostrando, e non è la prima volta, che la realtà è distante dalle dichiarazioni ad effetto del Governatore Rosario Crocetta. Con insistenza si parla da qualche ora di esercizio provvisorio. La Sicilia che vanta il triste primato di Regione al vertice per povertà e disoccupati tra giovani e donne d’Europa non può più assistere alla distruzione della speranza di un futuro migliore. Il Governo regionale ha fallito il suo mandato e sul bilancio si consuma il peggiore degli scempi.
Vediamo perché.
Da qualche anno ormai il bilancio regionale viene redatto nella seguente maniera: in quello che un tempo si chiamava bilancio, oggi si chiama legge di stabilità, vengono “messi” i soldi veri che sono i soldi spendibili e servono per pagare i dipendenti della regione siciliana, la sanità, le rate di mutuo ed in generale le spese obbligatorie compreso i costi del parlamento siciliano che sono circa 150 milioni di euro all’anno. Tutto il resto finisce in quella che un tempo si chiamava finanziaria. A differenza di quanto avveniva nel passato, oggi la finanziaria è diventata una parte della legge di stabilità che è diventata aleatoria. I soldi ci sono e non ci sono. Tutti i settori dell’amministrazione regionale che un tempo erano dentro il bilancio e non nella finanziaria sono finiti nella parte della manovra dove non si sa se ci sono i soldi. Comuni, ex province, forestali, precari, società partecipate regionali, consorzi di bonifica, e via continuando, tutti settori dell’amministrazione compresi  beni culturali, finiscono nella finanziaria.
Mentre i soldi del bilancio derivano da entrate certe e consolidate, la spesa per la finanziaria deriva da entrate che non sono affatto certe ma che sono aleatorie.
Quando il presidente della Regione Crocetta afferma che ci sono i soldi per precari, comuni ed ex provincie perché le corrispondenti risorse non sono iscritte nel bilancio tra le entrate certe ed invece si trovano nella parte della legge di stabilità chiamata un tempo finanziaria?
Il fatto che l’esecutivo regionale abbia spinto la maggioranza a Sala D’Ercole all’ARS per l’approvazione del bilancio tecnico per la copertura delle spese obbligatorie per dipendenti regionali, sanità, rate mutuo, significa che i soldi reali ci sono solo per queste voci e non per tutto il resto.
Tanto è vero che oramai per finanziare moltissime voci si ricorre agli accantonamenti negativi. Significa che per spenderli devono arrivare prima dallo Stato o da altri soggetti le risorse reali. Quindi si scrivono in bilancio delle somme che non sono presenti. All’atto in cui si scrivono in bilancio si stanno scrivendo somme che non ci sono. Una prassi che non dovrebbe più essere fatta perche a norma del decreto nazionale n.118/2011 (che non sarebbe altro che la riforma della contabilità pubblica) nella manovra economica, che oggi si chiama legge di stabilità, non possono più essere appostate somme che non sono presenti nella disponibilità dell’ente pubblico. Si tratta, quindi, di somme in divenire che potrebbero non materializzarsi.
Invece, il decreto stabilisce proprio che non possono esserci più residui attivi, cioè si stabilisce che il bilancio di un qualsiasi ente pubblico deve essere di cassa e non di competenza, mentre prima della riforma pubblica c’erano due bilanci,  di cassa e di competenza.
Dopo la riforma non possono più prodursi bilanci di competenza. La Regione siciliana a partire dal 01 gennaio 2016 ha cominciato a iscrivere nel bilancio somme che non potevano essere iscritte. Questo bilancio in discussione all’Ars è un bilancio che appare poco veritiero. Di fatti, anche se viene rispettato per le spese obbligatorie non lo è per tutto il resto che è inserito nella parte della manovra finanziaria che è aleatoria e che non ha una finanza certa, facendo emergere una possibile violazione  del decreto 118/2011.
C’è una contraddizione, a norma del citato decreto 118/2011 il Parlamento siciliano ha approvato  debiti fuori bilancio, visto che non possono esserci più pagamenti sospesi ma le partire devono essere azzerate perché il bilancio è diventato di cassa e non più di competenza.
Ed intanto, il Governo regionale deve ancora pagare 180 milioni di euro ai Comuni di fondo precariato del 2015. Com’è che dovendo ancora dare questa somma ai Comuni il Governo regionale vai a iscrivere 320 milioni per i precari, con proclami ed annunci eclatanti, se ancora non sono stati assegnate le risorse di 180 milioni di euro dell’anno scorso agli Enti locali?
La verità è che non ci sono soldi per i forestali, precari, Comuni, ex province, Consorzi di bonifica, partecipate regionale, Etc.
Al massimo se riescono a trovare risorse che entrano dallo Stato possono anticipare un paio di mensilità, ma solo se dovessero entrare le risorse. Ecco perchè si parla di approvazione di “bilancio tecnico”, legato solo alla risorse per coprire le spese obbligatorie.
Per non parlare della Sanità che costa alla Sicilia ogni anno 9 miliardi di euro, circa 6 miliardi e 800 li mette la Regione direttamente ed anche attraverso l’Irap pagata dalle imprese siciliana, lo Stato dovrebbe mettere solo 2,2 miliari di euro. Il dubbio è che il Governo centrale da circa 2 anni non metta nemmeno un euro.
Siamo passati quindi ad una spesa complessiva di 6,8 miliardi e la Regione pare abbia deciso di pagare con i fondi che dovrebbero servire per gli ospedali pubblici, soggetti che non c’entrano con gli ospedali, come gli stipendi ai dipendenti della SAS, ARPA e le rate dei mutui che dovrebbero essere pagati con i soldi della regione e non della Sanità.
Cose già dette dalla Corte dei Conti in una relazione depositata alla Commissione Bilancio all’Ars nei mesi scorsi. Il governo regionale invece disattende e da quanto si dice tende ad utilizzare le risorse della sanità per fare altro. La riprova è che c’è carenza e sofferenza negli ospedali con carenza di medici e personale paramedico. Già mancano i posti letto, i Pronto soccorso sono in affanno, se poi si consenta a “baroni” della sanità siciliana di continuare ad effettuare i ricoveri programmati, nei reparti di Cardiologia, Medicina, Nefrologia e malattie respiratorie, per esempio, a questo punto mancano due volte i posti letto, soprattutto ai Pronto soccorso, mettendo a repentaglio il diritto alla salute dei cittadini siciliani.
Niente per lo sviluppo e le imprese, niente per il sostegno a settori massacrati dalle decisioni dell’Unione europea come l’agricoltura e la pesca siciliana che con il limite alle catture di tonno e pesce spada è in ginocchio.
Niente per la formazione professionale dove enti formativi, lavoratori ed allievi attendono da quasi due anni di tornare a fare “attività formativa”.
Un Governo che ancora una volta mostra approssimazione, raccontando, attraverso i media “di struttura” una verità distorta e diversa dalla realtà di una Sicilia che è agli ultimi posti per qualità della vita, che ha il più alto tasso di povertà, il più alto tasso di NEET (giovani che no studiano, non lavorano e non lo cercano), con il più alto tasso di disoccupazione femminile e con un fenomeno del caporalato e del lavoro a nero fuori controllo.
Senza parlare delle infrastrutture colabrodo, dell'assenza di una politica di prevenzione al dissesto idrogeologico e del ciclo dei rifiuti in Sicilia ancora sprovvisto di un piano regionale con una infrastruttura sul territorio per trasformare il rifiuto in risorsa economica e leva occupazionale. E per finire la grande industria, o quel poco che era rimasto, che sta fuggendo dalle aree industriali come il caso  di Gela, Priolo, Melilli e Augusta, oltre che Milazzo con il Governo regionale che assente e incredibilmente inadeguato per porre rimedio e rendere appetibile gli investimenti nell'Isola.

La Sicilia merita altro.

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